Il ragazzo e l’airone, il lascito artistico di una vita

Il ragazzo e l’airone, il lascito artistico di una vita

E voi come vivrete? Questa la domanda che il maestro Hayao Miyazaki ha posto a se stesso e che adesso rivolge ad ognuno dei suoi spettatori.

In vista dell’uscita de Il ragazzo e l’airone (Kimi-tachi wa dō ikiru ka), l’ultima creazione partorita dalle mani del maestro Hayao Miyazaki, sentivo di dovermi far trovare preparato. Il titolo originale, tradotto in italiano in “E voi come vivrete?“, lasciava pochi dubbi sulla natura esistenzialista e autobiografica dell’opera. Proprio per questo, a visione ultimata, é risultato assai complesso districarsi tra le memorie passate dall’autore e i riferimenti alle precedenti pellicole. Riconnettere a piacimento i tasselli disseminati dall’autore lungo le due ore del film porta, ad ogni modo, a conclusioni non poi così dissimili tra loro. Tuttavia, i quesiti su cui Miyazaki riflette attraverso le sue doti artistiche, vengono posti di rimando anche allo spettatore, cui spetta l’onere di provare a rispondere.

Nel cercare di mettere per iscritto le emozioni viscerali provate assistendo al viaggio dantesco intrapreso da Mahito, il ragazzo del titolo, ho deciso di prenderla larga. Perciò ringrazio anticipatamente chi se la sente di accompagnarmi fino in fondo in questo mio flusso di coscienza e saluto invece gli altri.

Il mio rapporto con le opere di Miyazaki

Fin dall’infanzia ho coltivato la mia passione per l’animazione giapponese accompagnato, come gran parte dei giovani (e meno giovani) di oggi, dalle mazzate date e ricevute da Goku, Rufy, Naruto e company. A differenza di molti puristi, faccio parte della piccola schiera di reietti cresciuti solo in parte con serie come Heidi, Anna dai capelli rossi e Marco dagli Appennini alle Ande. Agli occhi del me ragazzo il tasso di testosterone di questi pezzi di storia dell’animazione non era sufficiente alto. Queste opere, dirette da Isao Takahata, sono state di fondamentale importanza per la crescita artistica del giovane Miyazaki. Cresciuto come animatore, nonostante la sua aspirazione a diventare mangaka, il suo debutto alla regia é infine avvenuto sul finire degli anni 70’, con Conan il ragazzo del futuro. Qui Miyazaki, tramite una storia di stampo fantascientifico distopico, presenta molti dei temi e dell’immaginario visivo che lo hanno reso iconico. Purtroppo però, ho recuperato questo piccolo gioiello dell’animazione solo di recente. Diversa storia invece per una delle figure che tutt’ora non smette di farmi fare un salto nel passato: il sempreverde Lupin III; presentato da Hayao Miyazaki in una veste da Robin Hood romantico. Nonostante apprezzi maggiormente la versione matura presente ne La donna chiamata Fujiko Mine e nei film di Takeshi Koike, sono molto affezionato a Il castello di Cagliostro. L’atmosfera incantata, l’iconica Fiat 500 gialla, il gruppetto di ladri squattrinati e Zazà mi riportano sempre la spensieratezza dei tempi andati.

Dialogo de Il Castello di Cagliostro

Zenigata: Maledizione, l’ho mancato per un soffio! E Lupin ha messo a segno il suo colpo!
Clarisse: No, signore, mi creda: non ha rubato niente. È venuto in mio soccorso e mi ha salvato la vita.
Zenigata: Si sbaglia, mi risulta che abbia rubato una cosa di grande valore. Le ha portato via il cuore.

Crescendo i miei gusti piano piano si sono evoluti verso toni più maturi, grazie alle opere di autori del calibro diMamoru Oshii, Katsuhiro Otomo, Shinichiro Watanabe, Kazuhiro Furuhashi, Satoshi Kon e molti altri. Non che ne capissi chissà quanto, eppure questa mia attrazione mi ha portano per un certo periodo a guardare le opere “per ragazzi” con maggiore riluttanza. Non a caso i primi film dello studio Ghibli a cui mi approcciai furono Una tomba per le lucciole e La principessa Mononoke. Successivamente recuperai piano piano tutta la filmografia di Miyazaki senza però riuscire ad entrare, se non in modo superficiale, nell’ordine delle idee e della poetica che permeano tutte le opere dello Studio Ghibli.

Il lascito artistico di Hayao Miyazaki

Solo negli ultimi anni credo di aver superato questa mia vana supponenza. Grazie ai recenti rewatch sono riuscito ad avvicinarmi sempre più alla visione ambientalista e nostalgica sempre presente nelle pellicole firmate dallo studio di Totoro. Le opere lasciate in eredità da Miyazaki sono un nutrimento pregiato intriso di bellezza artistica; ed in questa vita la bellezza estetica rappresentata dall’arte, in ogni sua forma, é a mio avviso essenziale. Le riflessioni sul rapporto tra scienza (conoscenza) e guerra, uomo e natura, fede e libertà, non cesseranno mai di essere attuali e sono pochi gli intellettuali che li sappiano riportare a galla, non con la faciloneria di chi prova a cavalcare un trend, ma con la maestria della semplicità.

Porco Rosso, La città incantata, Il castello errante di Howl, Laputa – Castello nel cielo, Si alza il vento, Nausica della valle del vento, Kiki consegne a domicilio e infine La principessa Mononoke. Questo l’ordine sparso con la quale ho cercato di riallacciare, nel corso del duemilaventitrè, le undici (ora dodici) pellicole che Miyazaki ha disseminato lungo il suo percorso artistico da regista. Aimè non ho fatto in tempo a rivedere anche il già citato castello di Cagliostro, Il mio vicino Totoro e Ponyo sulla scogliera, ma vedrò di recuperare. Cercare di descrivere in modo non banale queste opere è un compito a dir poco mastodontico. Quindi, oltre ad esortare chi non l’avesse ancora fatto a recuperare una qualunque delle succitate opere, consiglio di dare un’occhiata al dettagliato essay riportato qui sotto.

The Conflicting Ideals of Hayao Miyazaki di Quality Culture

Il ragazzo, l’airone e la figura materna

Spero che, anche chi non veda di buon occhio l’animazione, possa in parte comprendere cosa possa significare trovarsi di fronte alla possibile chiusura di un percorso dedicato all’arte illustrata. In sessant’anni di carriera, questo Autore ha fatto la storia del cinema internazionale. Parto col dire che l’esperienza in sala, nonostante tutte le problematiche del caso, mi ha lasciato forti emozioni e pensieri aggrovigliati che tutt’ora sto cercando di sbrogliare.

Ma venendo all’oggetto di questa mia riflessione, ovvero Il ragazzo e l’airone, ciò che risulta evidente é la natura scissa dell’opera. Così come Mahito si trova a dissezionare un enorme pesce, anche la pellicola si divide in modo netto in due tronconi dal tono e dal ritmo differenti. Se la prima sezione risulta, a partire dalla scena introduttiva, ricca di riferimenti autobiografici e procede a passo d’uomo, accompagnata da sonorità via via crescenti volti a creare nello spettatore quel senso di curiosità e di suspense degne di un Hitchcock; la seconda spicca il volo verso un mondo magico che si frammezza tra la vita e la morte, dove Miyazaki colloca omaggi su omaggi alle sue opere passate, lasciandosi sprofondare in tutta la sua fragorosa fantasia creativa che ne decreta l’epilogo e, da lì, un nuovo principio.

Il centro di gravità su cui ruotano i due mondi del protagonista ha origine tra le fiamme dell’incendio che, fin dai primi istanti della storia, lo separano dalla madre. Questo senso di perdita, unito ai cambiamenti che il protagonista deve affrontare, si tramuta via via in una forma di rifiuto della realtà. Subentra così l’immaginario fantastico, che prende lentamente terreno, attraendo a se Mahito. Per arrestare questa discesa nell’oblio, la matrigna, nonché zia del giovane, decide di sacrificarsi. Ed é qui che Mahito trova il libro “E voi come vivrete?” di Genzaburo Oshino, lasciatogli come memento dalla defunta madre. A seguito della lettura e presa di consapevolezza, inizia il viaggio onirico che porterà il protagonista a confrontarsi con la dura realtà della sua nuova vita.

Mahito e l’airone cinerino

Interpretazioni dell’opera

Sin dal suo rilascio in Giappone in rete sono emerse molteplici interpretazione dell’opera basate principalmente dalle recenti interviste rilasciate dall’autore. É ormai consolidato che ogni personaggio di rilievo presente nel film abbia una stretta correlazione con le figure centrali dello Studio Ghibli (e per l’autore stesso). Iniziando dal protagonista, Mahito, che funge da ricettacolo dei sentimenti inespressi di Miyazaki, i quali, prendendo forma nel corso di questo viaggio all’insegna dell’accettazione, lo portano a una vera e propria rinascita. Toshio Suzuki, produttore e cofondatore di Ghibli, incarna l’airone cenerino, che da furbo ammaliatore poi si trasforma in un fedele compagno di viaggio, mantenendo tuttavia un alone di mistero sulla sua figura. Michiyo Yasuda, colorista storica dello studio scomparsa nel 2016 veste i panni di Kiriko, personaggio che, come Caronte, traghetta (spinge) il protagonista (autore) verso il suo obiettivo (la sua nuova opera). Per ultimo, e non certo per importanza, troviamo Isao Takahata, anch’esso cofondatore dello studio d’animazione nipponico e mentore di Miyazaki, la cui scomparsa ha lasciato un vuoto incolmabile nel regista. Non a caso il personaggio che Miyazaki decide di cucirgli addosso é quello del prozio del protagonista, una figura cristologica in cerca di un successore che possa ereditare e sostenere quanto da lui realizzato.

A questa versione dei fatti, se ne accostano molte altre, alcune delle quali vedono Miyazaki sdoppiarsi nello spazio e nel tempo, vestendo sia i panni del giovane Mahito che del prozio. Altre indicano Takahata come l’airone cenerino. In arte si sa, i limiti dell’interpretazione sono molto fumosi. Tuttavia, come per il capolavoro di Federico Fellini, 8 e mezzo, anche le tematiche presenti ne Il ragazzo e l’airone risultano quanto mai universali e separabili dagli aspetti puramente biografici dell’autore. Il viaggio di formazione, morale e spirituale, può essere così apprezzato anche da chi non ha mai visto nulla dell’autore.

Il significato metaforico de Il ragazzo e l’airone di Densetsu Media

Comparto tecnico e conclusione

Il comparto visivo é mozzafiato, partendo dalla palette di colori che esaltano gli sfondi rappresentanti la natura in vero stile Ghibli, dal verde delle praterie, ai tramonti sfumati, passando per gli elementi come il mare in tempesta e le fiamme che logorano. La quantità di dettagli presenti a schermo, anche nei momenti di apparente immobilità, esaltano la narrazione catturando l’attenzione delle spettatore proprio dove Miyazaki vuole. Innumerevoli sono gli shot realizzati in animazione tradizionale diventati già iconici, significativi inoltre alcuni movimenti di macchina resi possibili dal sapiente utilizzo di tecnologie digitali. La colonna sonora di Joe Hisaishi, un nome una garanzia, scandisce alla perfezione il ritmo del film, con momenti di forte tensione creati con un crescendo di sonorità vibrate, alternati a sequenze di piano dal tono malinconico/drammatico che colpiscono dritte al cuore. La versione italiana, tradotta da Francesco Nicodemo e adattata Roberta Bonuglia – e non più da Gualtiero Cannarsi -, presenta un doppiaggio di altissimo livello.

In conclusione, ho amato alla follia tutta la prima parte, che mi ha catturato e tenuto incollato allo schermo sin da subito. La seconda, con tutte le sue stranezze immaginifiche, mi ha stregato con quei mondi naturali e minacciosi allo stesso tempo. Per il finale, invece, ho trovato la sua costruzione non solida come al resto della pellicola, quasi affrettata. La risposta di Miyazaki é arrivata forte e chiara, resto quindi in attesa di novità incrociando le dita. Il ragazzo e l’airone rientra così di diritto tra le mie pellicole preferite dell’autore e sento già la necessità di volerlo rivedere.

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